Intervista a Saffir Garland per System failure

1)Benvenuto su System failure. Presentati ai nostri lettori. Raccontaci il tuo percorso artistico fino qui…

Suono pianoforte dal 2001, e scrivo canzoni da subito. Nel 2004 è arrivata la mia prima tastiera, e le prime prove con una band di amici, gli Applesss (con tre esse per distinguerci da una band omonima) con la quale inizierò a far concerti nel 2007, dieci anni fa. Nel 2009 io e il bassista abbandoniamo la band fondando con un altro batterista i Liberascelta, trio di pop umoristico. Il trio resiste fino al 2011, nel 2012 resta solo un duo e diventa ambient strumentale; in questa fase mi viene l’idea del nome Saffir Garland, “ghirlanda di zaffiro”, e dal 2013 resto inizialmente da solo, poi ho due cambi di band, fino al 2016 quando decido di tornare definitivamente da solo, maturando la consapevolezza di essere un cantautore, e quindi di dover accentrare l’attenzione su di me, vincendo la mia timidezza. Comunque duetto con una cantante soul, che mi supporta sia come corista che a volte come prima voce.

2)Come nasce in te la passione per la musica?

A 4 anni i miei genitori mi regalarono la prima tastiera giocattolo, e suonando con gli indici imparo le prime melodie tipo la Famiglia Addams, ma in realtà il mio sogno da bambino era fare lo scrittore. E’ stato intorno ai 13 anni che amici e parenti mi hanno fatto notare il mio orecchio molto ricettivo e mi hanno incoraggiato; ma il merito è anche della mia insegnante di musica delle medie, che mi ha trasmesso una passione per la Storia della musica, raccontando la travagliata vita di Beethoven.

3)Ci parli del tuo background musicale?

Da bambino, mio padre mi ha cresciuto a Deep Purple e Pink Floyd; da adolescente ho amato prima i Subsonica, poi i Bluvertigo e soprattutto Elio e le storie tese, di cui conosco quasi ogni cosa. A fianco a loro però ci sono sempre Franco Battiato e Rino Gaetano; a vent’anni ho esplorato il progressive, da Le Orme ai Genesis, fino al progetto Ayreon. Infine amo il funky, il punk robotico dei Devo e dei Polysics, l’industrial metal dei Rammstein, e il mondo elettronico ambientale di Vangelis e dei Kraftwerk.

4)Hai pubblicato online il 31 dicembre 2016 l’Ep “L’ira dei buoni“con Dimora Records, Come è stato registrarlo? Hai trovato difficoltà? Insomma, raccontaci tutto…

Per l’Ep sono stato in studio tre giorni di fila, ho dormito nel grande studio di Dimora Records che ha anche una camera da letto. E’ stato relativamente facile registrarlo, dato che seguivo tutto io, e ho lasciato spazio creativo anche al produttore.

5)Quale è la tua canzone preferita di questo disco?

“Il leggerismo”, rappresenta al meglio il senso di rovesciamento logico che ricerco. Un contro appello parodia di quelli dei VIP che danno consigli di vita, e io do volutamente consigli diseducativi per vedere le reazioni. E poi ha un giro di accordi insolito, e quindi mi dà maggior soddisfazione.

6)Se la tua musica fosse una città a quale assomiglierebbe? E se fosse un quadro?

Vorrei dire una città toscana, perché amo la lingua italiana e la Toscana ne è la culla. Però onestamente dovrei dire Feltre, in provincia di Belluno: è una città alle pendici delle Dolomiti dove sta mia nonna paterna, e ogni volta che vado lì le idee musicali si moltiplicano. Inoltre c’è il Palio di Feltre e amo i palii, non per i cavalli ma per gli sbandieratori e i tamburisti. Ecco, la mia musica assomiglia a un paese italiano durante il palio. Se fosse un quadro, non ho dubbi: “Il donatore felice” di René Magritte.

7)Perché cantautore satirico?

Satirico perché mi piace evidenziare i paradossi delle nostre abitudini, dei luoghi comuni, e farne beffa. Cantautore invece è una definizione un po’ stretta, mi serve solo per dire che scrivo testi e musiche io, ma provengo da dieci anni di band e l’idea di riformarne una fissa, con i musicisti a loro volta personaggi e non solo con me stesso, ce l’ho nel dna.

8)Di cosa parlano i tuoi testi? Come nascono?

Gli argomenti sono vari anche se ci sono due filoni: uno di denuncia sociale, dallo sfruttamento delle miniere di coltan nella RD Congo, alla disoccupazione, la piaga delle bufale sul web, e un filone ironico dove derido il nichilismo, le paranoie dei complottisti, o di chi si ostina a volersi sentire “ad un certo livello”… In entrambi i filoni mi diverto a usare parole buffe: marshmallow, paraurti, flaconi, metope… Le canzoni nascono in due tempi, scrivo tante musiche senza testi e tanti testi senza musica, e poi cerco di unire i pezzi. Gioco, e spero che l’ascoltatore percepisca che gioco.

9)Quali sono le fonti di ispirazione per la tua musica?

Dipende da ogni singola canzone, mi hanno paragonato a Buscaglione, Gazzè, Ruggeri, Elio, o Peter Gabriel. Non è quasi mai però una cosa volontaria e consapevole, ad esempio anni dopo aver scritto una canzone mi sono accorto che la melodia era ispirata alla sigla di Darkwing Duck!

10)Per concludere la nostra chiacchierata, perché ascoltare Saffir Garland?

Perché stimola la curiosità, la musica è imprevedibile, l’effetto sorpresa è studiato e garantito (almeno la prima volta), e poi puoi girare per strada orgoglioso di aver scoperto chi è Endimione, e poi ci sono anche tante parti emozionali, non ci si annoia mai.